LAVORARE PER IL CAMBIAMENTO IN ANALISI TRANSAZIONALE

Per cambiamento in psicoterapia si intende il processo di crescita nel quale il cliente sceglie di impegnarsi in prima persona al fine di recuperare il proprio benessere bio-psico-sociale, una volta che ha preso coscienza del proprio disagio, da dove esso nasce e che cosa lo mantiene. Non si tratta quindi tanto di eliminare una patologia, quanto piuttosto di imparare nuove modalità di pensare, sentire, agire e percepirsi per stare bene con se stessi e con gli altri.
La centralità del concetto di cambiamento in AT si intuisce già dalla definizione che l’ITAA (pagina intestata “The ITAA” in ciascun numero del “Transactional Analysis Journal”) dà dell’Analisi Transazionale come <>. Ugualmente l’importanza del cambiamento viene sottolineata anche dagli assunti filosofici dell’AT per i quali “ognuno è OK”, “ognuno ha la capacità di pensare”, e quindi “ognuno ha la responsabilità di decidere e scegliere cosa vuole dalla vita, come anche di cambiare le decisioni precedentemente prese”, se non le ritiene più adeguate al qui ed ora (Stewart, Joines 1987).
In AT, in generale, attuare il cambiamento è un sinonimo di “uscire” dal copione. Diversi sono stati i contributi dei vari autori in merito. Innanzitutto Berne (1972), il quale sottolinea gli aspetti deterministici del copione e lo definisce come “un piano di vita inconscio, che si basa su una decisione presa durante l’infanzia, rinforzata dai messaggi genitoriali (ingiunzioni, contro-ingiunzioni e programmi), giustificata dagli eventi successivi, che culmina in una scelta decisiva”. Secondo la visione berniana “siamo nel copione” quando per reagire alla realtà qui-ed-ora, invece di utilizzare spontaneamente e flessibilmente tutte le risorse (pensieri, sensazioni, emozioni e comportamenti) a nostra disposizione adeguate a risolvere i problemi e relazionarci agli altri, ci serviamo di strategie decise nell’infanzia e legate alla situazione lì-e-allora.
Seguendo l’ottica integrativa Erskine (1980) definisce il copione come un piano di vita basato su decisioni prese ad un qualunque stadio dello sviluppo, che inibiscono la spontaneità e limitano la flessibilità nel risolvere problemi e nel relazionarsi agli altri. Le decisioni vengono prese quando la persona è sotto stress e la consapevolezza delle alternative è limitata, trasformandosi nel tempo in convinzioni vincolanti circa l’immagine di sé, degli altri e della qualità della vita. Per guarire il copione in tal caso occorre che il cambiamento avvenga sia a livello comportamentale, che intrapsichico e fisiologico: la guarigione è raggiunta quando ogni nuova esperienza viene apprezzata per la sua unicità ed è percepita come un’occasione per crescere e per imparare.
I Goulding (1979) invece, a differenza di Berne, pongono l’accento sulla capacità decisionale dell’individuo, il quale è parte attiva nella costruzione del copione avendo sempre la possibilità di ascoltare o meno i messaggi genitoriali, di interpretarli o di ribellarvisi. Inoltre la persona ha l’opportunità di cambiare le decisioni precedentemente prese e di modificare il proprio copione in terapia, adeguandolo ai propri attuali bisogni.
La English (1977), pur non ignorando gli aspetti disfunzionali del copione, ne mette in luce gli aspetti positivi sostenendo che esso è determinante piuttosto che determinato, formativo piuttosto che acquiescente, imprevedibile e creativo piuttosto che riduzionistico, focalizzato sul futuro piuttosto che impantanato nel passato, puntualizzando che le conclusioni di sopravvivenza sono un aspetto del copione, non il suo fine principale.
Cornell (1988) a sua volta ribadisce la funzione necessaria svolta dal copione di vita, definendolo un processo continuo di costruzione della realtà, il quale si autodefinisce e talvolta si autolimita. La formazione del copione è quindi quel processo tramite il quale l’individuo cerca di dare un senso agli ambienti familiari e sociali, di stabilire il significato della vita, e di prevedere e gestire i problemi della vita nella speranza di realizzare i suoi sogni e desideri.
Per “uscire” dal copione, inteso nella sua accezione disfunzionale, occorre acquisire la consapevolezza necessaria per poter ridecidere, aggiornando così le proprie decisioni non adeguate al qui ed ora, con l’obiettivo di raggiungere l’autonomia (Berne, 1972), attraverso il recupero delle tre capacità cardine in AT:
· la consapevolezza, intesa come capacità di essere in contatto con il presente senza filtrarlo attraverso le esperienze passate;
· la spontaneità, ovvero la capacità di reagire liberamente utilizzando tutte le risorse a disposizione in termini di Stati dell’Io;
· l’intimità, cioè la capacità di condividere le emozioni, i pensieri e i comportamenti con un’altra persona, creando legami significativi.
Per promuovere il raggiungimento dell’autonomia il terapeuta cura anzitutto la relazione terapeutica, instaurando un clima di collaborazione con il paziente attraverso l’empatia, l’accettazione e il mantenimento di una posizione paritaria (“io sono ok, tu sei ok”). A tal proposito mi sembra importante, come sostiene Pat Crossman (1966), che il terapeuta guidi il cambiamento del proprio cliente servendosi di tre capacità: quella di dare Permessi, per consentirgli di disobbedire alle ingiunzioni, dare Protezione, assicurandogli disponibilità e sostegno, ed avere Potenza, nel gestire la rabbia e le ritorsioni del Genitore del cliente.
E’ fondamentale inoltre riferirsi al concetto analitico transazionale di contratto, che Berne (1972) definisce come un esplicito accordo bilaterale tra paziente e terapeuta volto a definire l’obiettivo del lavoro che si svolgerà in terapia. I Goulding (1979) evidenziano invece come il contratto sia un impegno che il paziente prende con se stesso, col terapeuta come testimone. In questa seconda visione, si sottolinea maggiormente la responsabilità personale del cliente nel processo di cambiamento. Lavorare in terapia senza uno scopo ben definito cioè concreto, concordato tra terapeuta e cliente, verificabile e accettabile, vorrebbe dire intraprendere un viaggio senza destinazione. In tal caso c’è il rischio di fare bei lavori di esplorazione, di aumento di consapevolezza e conoscenza, senza che questi vengano poi orientati ad un obiettivo di cambiamento.
La metodologia di intervento AT si pone l’obiettivo di riallineare e consolidare i confini degli Stati dell’Io (G-A-B) per promuoverne il pieno funzionamento.
Seguendo il modello della ridecisione (Goulding 1979) il terapeuta si propone di aiutare la persona a prendere nuove decisioni pensando, sentendo e comportandosi in modo diverso da quanto aveva deciso nel passato. Il lavoro è caratterizzato dalla messa in atto di un processo in 3 fasi:

  1. l‘individuazione della situazione e del modo in cui la persona ha deciso di adattarsi e trasformare i propri bisogni-desideri anziché soddisfarli, non esprimendo le emozioni collegate;
  2. il riconoscimento e l’accettazione da parte del cliente dei propri bisogni-desideri e dei sentimenti autentici repressi nella situazione arcaica;
  3. la scoperta di come oggi, in una situazione diversa da quella di vulnerabilità e di mancanza di potere tipiche dell’età infantile, la persona può ridecidere e soddisfare così i propri bisogni-desideri ed esprimere i sentimenti autentici.
    Il processo terapeutico complessivamente si compone di quattro fasi strategiche: Alleanza (analisi del problema, definizione contratto, diagnosi, tener conto della relazione antitetica), Decontaminazione (individuazione dell’impasse), Deconfusione (processo di ridecisione) e Riapprendimento (ancoraggio e piano adulto). (Novellino, 1998, Novellino e Moiso, 1990).
    Bibliografia
    Berne E. (1972). “Ciao!”…e poi? Tr. it. Bompiani, Milano 1979.
    Cornell W. (1988). La teoria del copione di vita: una rassegna critica in un’ottica evolutiva. Tr. it. in de Nitto C. (a cura di) L’arte della psicoterapia. LAS Roma 2006.
    Crossman P. (1966). Permesso e protezione. Tr. it. in Bianchini S., Scilligo P. (a cura di) Analisi Transazionale. I Premi Eric Berne, Ifrep, Roma 2001.
    English F. (1977). What shall I do Tomorrow? Reconceptualizing Transactional Analysis. In: Barnes G. (Ed.) Transactional Analysis after Eric Berne (pp.287-350), Harper’s College press, New York.
    Erskine R. (1980). Guarire il copione: comportamentale intrapsichico e fisiologico. Tr. it. Neopsiche, n. 6 dicembre 1985.
    Goulding M., Goulding R. L. (1979). Il cambiamento di vita nella terapia ridecisionale, Tr. it. Astrolabio, Roma 1983.
    Novellino M. (1998), L’approccio clinico dell’Analisi Transazionale, Franco Angeli, Milano.
    Novellino M., Moiso C. (1990). “The psychodinamic approach to TA”, TAJ 20, 3, pp. 187-192.
    Stewart I., Joines V. (1987), L’Analisi Transazionale, Tr. it. Garzanti, Milano 2000.
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